Nizza Monferrato

Makka, i verbali della 18enne che ha accoltellato il padre: "Teneva mia madre per il collo"

È in comunità, accusata di omicidio aggravato dal legame di parentela 

Ha 18 anni e ricorda i litigi in casa fin da quando era piccola. "Ho iniziato a proteggere mia madre a 12, 13 anni. Mio padre mi colpiva solo quando mi mettevo fra lui e lei. Altre volte mi ha picchiata a scopo educativo. Voleva far vedere ai miei fratelli come trattare una donna". 

È il racconto drammatico di Makka Sulaev, la ragazza che il 1 marzo, al culmine di una lite scoppiata nell'appartamento di Nizza Monferrato (Asti) dove viveva con la famiglia, ha accoltellato a morte il padre, Akhyad, di 50 anni. 

Ora è agli arresti in una comunità, accusata di omicidio aggravato per il legame di parentela. È da vedere se riuscirà ad appellarsi alla legittima difesa

La sera dell'omicidio 

"Sono pentita ma non ho avuto scelta - ha detto al pubblico ministero che l'ha interrogata dopo l'omicidio. 

Quella sera Akhyad ha avuto un litigio con la moglie, più violento del solito. Era tornato a casa e aveva annunciato di essersi licenziato dal lavoro di lavapiatti che la donna gli aveva trovato.

Lei si dispera per la loro situazione economica: oltre a Makka ci sono tre figli da mantenere. Lui ha una reazione brutale. La figlia è in allarme: Akhyad è un esperto di arti marziali.

"Aveva le mani al collo di mia madre - ha ricordato Makka - allora l’ho colpito con due pugni. Era la prima volta. Lui si è arrabbiato perché le donne non possono picchiare gli uomini. Era sbalordito. È venuto verso di me, mi ha preso per i capelli, mi ha buttata per terra, mi ha colpito con due pugni. Mia madre tentava di allontanarlo da me. A quel punto ho preso il coltello". 

L'ammissione davanti al Pm

Il litigio finisce in tragedia. Con un coltello da cucina, Makka colpisce il padre all'addome. "Mia madre era scioccata. Io non ero in me", ha detto Makka. "Ma non volevo ucciderlo". 

In casa gli inquirenti hanno trovato una serie di messaggi, resoconti scritti e anche foto e registrazioni che la ragazza ha raccolto per documentare una vita di violenze. L'immagine di un livido sul viso della mamma. I messaggi minatori del padre, tutti conservati sul cellulare di un'amica. 

"Ci ha sempre picchiate. A volte prende mia madre, la trascina davanti ai miei fratelli maschi e insegna loro come si tratta una donna - aveva annotato su un foglietto finito negli atti di indagine".

E ancora: "Chi troverà questo scritto capirà, o io sarò morta o sarà morto lui".

Una vita di violenze 

Makka, che frequenta il liceo scientifico con ottimi risultati, attende ora di sapere quale sarà il suo futuro. Il suo passato è già scritto. I primi anni in Cecenia, il suo Paese di origine. La fuga, il passaggio in Finlandia e poi in Italia con l’asilo politico, prima nell’Alessandrino e infine a Nizza Monferrato, nell’Astigiano. 

La speranza di una vita "normale", che però non lo è mai davvero stata. "Se penso alla mia famiglia ora, penso a una famiglia libera", conclude la ragazza. 

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